Mata e Grifone per il buon popolo messinese sono, da secoli, i fondatori della città ed anche i geni tutelari della stessa. Anzi il Gigante rappresenta l’elemento straniero venuto a fondare Messina, e che dal villaggio Camaro ebbe a trarre la sposa. Vuole la leggenda, (ma non è forse storia?) che un gigantesco moro di nome Hassan Ibn Hammar, sbarcato vicino alla città verso il 970 d.c. con una cinquantina di suoi compagni pirati, si diede a depredare ed a razziare tutt’intorno e in particolare tra Camaro e Dinnammare o Antennammare (nomi derivati da Ibn Hammar). Un giorno durante una delle solite scorrerie egli vide una leggiadra e rubiconda fanciulla di nome Marta (in dialetto Matta o Mata) figlia di Cosimo II di Castellaccio della quale si innamorò follemente. Era costei di nobile e ricca casata, di figura molto alta e forte, ma altrettanto virtuosa e castigata, tanto da essere solida e convinta nella religione Cristiana. Hassan Ibn Hammar la chiese in sposa ed ottenuto il rifiuto si mise a depredare e trucidare con una ferocia maggiore di prima. I genitori della ragazza, spaventati da tanto sanguinario furore, la nascosero nei loro possedimenti. Ma in giorno il Moro finì per scoprire il rifugio e la rapì. Alcuni storici ci fanno menzione di un poco plausibile torneo di spada, di cui il Moro sconfisse, il padre della fanciulla, ottenendo così la mano. Sta comunque il fatto che invano egli la supplicò e l’implorò di ricambiare il suo amore. Ora con furore e ora suadente, ora colmandola di doni, ed ora pregandola del necessario, fece di tutto per farsi riamare. Mata, sorda a tutti gli allettanti trova forza e animo nelle preghiere e resta gelida negli amplessi forzati. Così alla fine il crudele Saraceno, per amore di lei si fece Cristiano, cambiò nome in Grifo (Grifone per la sua alta statura) che riceve il battesimo, appendendo la spada al chiodo e dedicandosi alla coltivazione dei campi, in armonia ed in pace con tutti. La casta Mata commossa e ammirata per quel pentimento, fu presa anch’essa d’amore per lui (che tra l’altro era anche un bell’uomo) ed accettò di sposarlo. Insieme fecero tante cose, tanti figli e tante case, così numerose che la tradizione popolare finì per attribuire loro la fondazione della città. La leggenda vuole che questi due giganti siano stati fatti prigionieri da Ruggero il Normanno quando liberò Messina dalla dominazione araba. Egli volle che lo seguissero nella sfilata anche i due fatti prigionieri e che assistessero al suo trionfo umiliati. Questa usanza si ripete negli anni successivi in vari modi, fino a giungere alla tradizione attuale in cui le due statue, il 10 / 13 / 14 agosto di ogni anno, sono condotte a Camaro, luogo di nascita di Mata e poi, passeggiando per la città, trascinate da numerose persone in abito popolare, vengono fatte sostare di fronte al Municipio di Messina